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28/02/2006
LE PIACE TRUFFAUT?
“Scusi, forse involontariamente lei occupa il mio posto!” La voce le era giunta alle spalle, accompagnata da un leggero tocco su di un braccio. Si girò verso quella voce, un po' seccata per quel tocco: “Ho il posto 10, vede?” mostrando l'abbonamento. “Non ne dubito, ma quella che ella ha occupato è la poltrona 8, quella del mio abbonamento” la voce si fece gentile, e una mano le indicò le targhette con i numeri, sulle poltrone. Guardò il possessore della voce, mentre ascoltava: un uomo alto, signorile, che le sorrideva con uno sguardo gentile. Notò i capelli, lunghi fino a coprirgli il collo, neri, con striature bianche che gli davano un aspetto quasi magico per i riflessi argentei che a tratti balenavano, quando, movendoli, la luce vi si posava sopra. Si scusò, arrossendo, ma il tono era ancora un po' sostenuto, mentre si alzava per fare posto all'uomo che l'aveva colta in fallo. “Io sono Claudio…” La voce la colse nuovamente di sorpresa, intenta come era a sistemarsi nel nuovo posto, e impiegò alcuni istanti per realizzare che l'uomo si era presentato e che forse anche lei doveva farlo. “E io Laura…” riuscì finalmente a mormorare, arrossendo nuovamente. Claudio aveva avuto appena il tempo di osservarla, mentre gli passava davanti: notò i capelli rossi, troppo rossi per non essere subito notati, tagliati corti a caschetto, con una frangetta sulla fronte che cadeva su un piccolo naso un po' all'insù piazzato su di un volto giovanile, costellato di tante piccole efelidi rosse, di un simpatico rosso carota. Adesso l'aveva accanto ma non poteva guardarla in viso perché ostentatamente essa aveva girato la testa dall'altra parte. Laura si rese conto di essere scortese con il suo vicino, comportandosi così: in fin dei conti aveva sbagliato ed egli glielo aveva fatto notare con gentilezza. Si sentì sciocca e pensò di riparare: si volse verso di lui e gli sorrise, abbassando poi gli occhi. Claudio ebbe appena il tempo di vedere un paio di occhi verdi sbucare da sotto la frangetta, due limpidi smeraldi gli parvero alla pallida luce della sala che andava attenuandosi, poi si fece buio e lo schermo si illuminò con il titolo. “Jules e Jim” era il film che inaugurava le proiezioni del cineclub per il nuovo anno sociale, con un ciclo interamente dedicato a François Truffaut. Per un po' di tempo Claudio seguì il film, che d'altra parte già conosceva, poi si trovò ad un tratto, senza avvedersene, a volgere ripetutamente la testa dalla parte della sua vicina, chiamato dalla curiosità che quegli occhi appena intravisti gli avevano suscitato. La vedeva immersa completamente nella visione, e in certi momenti la vedeva tormentarsi nervosamente le mani. Finì con l'abbandonare il film, fissando lo sguardo unicamente sulla donna. Che dovette sentire in qualche modo l'intensità di quello sguardo, perché prese a volgersi anch'essa verso di lui; quando accadeva che i loro sguardi si incontrassero essa si ritraeva di colpo, come se non volesse essere sorpresa ad osservarlo. In effetti Laura si sentiva incuriosita da quella persona, qualcosa di lui la attirava e non riusciva a resistere alla tentazione di volgersi a guardarlo; questo la innervosiva, ma tuttavia non le impediva, subito dopo, di tornare a volgersi verso di lui. La somma di questi ripetuti, rapidi flash le avevano però permesso di delinearne, in controluce, come un'ombra cinese, il profilo: una testa alta, coronata da una cascata di lunghi capelli che ricadevano oltre la nuca, fino sul collo, il naso, forte e diritto, dominava tutto il profilo, le labbra si stagliavano ben marcate sopra il mento abbastanza sporgente…Da tutto questo insieme a Laura sembrava di ricavare un'impressione di forza, di autorità, di sicurezza. Intanto la prima parte del film era terminata e si erano accese le luci dell'intervallo, sorprendendo i loro sguardi che in quel momento si incrociavano e lasciandoli entrambi imbarazzati. Fu Claudio a rompere quell'imbarazzo: “Le piace Truffaut?” le chiese accennando allo schermo. Laura accennò di si con un leggero movimento della testa e finalmente riuscì a guardarlo attentamente, vincendo la ritrosia iniziale: vide subito gli occhi, che la fissavano intensamente, e fu colpita dal senso di dolcezza che sembravano emanare, poi notò la bocca, con le labbra marcate viste di profilo, ma che adesso si mostravano meno severe, aperte come erano su un ampio sorriso che faceva risaltare i denti bianchissimi, quasi innaturali nella loro perfezione. Si resero entrambi conto, dopo qualche istante, di essersi esaminati accuratamente e risero, lei con una allegra risata che le illuminò, riscaldandolo, il verde degli occhi, lui in modo più contenuto ma altrettanto spontaneo. “Adesso che ci siamo conosciuti possiamo anche parlare, no?” si rivolse ancora a lei Claudio, vedendola incerta e quasi preoccupata per essersi così aperta. “Sta per iniziare la seconda parte, ci resta poco tempo” gli rispose rapida, arrossendo un po', nella speranza che arrivasse il buio e il film li riprendesse. “Mi dica almeno se il film le piace” insisté lui. “Mi sconvolge per le situazioni, ma mi piace immensamente per il pudore e la dolcezza con i quali Truffaut tratta l'anarchia amorosa di Catherine, questa donna sensuale e infantile insieme…” e mentre parlava, Laura osservava meravigliata le espressioni di stupore che vedeva comparire sul volto di Claudio: “Anarchia amorosa! E' una intelligente definizione, la sua: è vero, Catherine, libera e spontanea com'è, interpreta in modo nuovo il triangolo amoroso, liberandolo da ogni convenzione e dandogli una dignità. Jim infatti lo dice: Catherine reinventa in continuazione l'amore…” Laura arrossì ancora per l'apprezzamento, ma fu lieta che il buio finalmente arrivasse e coprisse il suo rossore. Poi il film terminò, tornò la luce e con la luce Claudio, volgendo ancora lo sguardo verso la sua vicina, sorprese gli occhi lucidi di lei, lucidi forse per l'emozione, che essa tentava disperatamente di nascondere fingendo di salutare qualcuno dalla parte opposta della sala. Tutto questo gli mosse un senso di tenerezza verso di lei, voleva farle sentire la sua solidarietà: “Io mi sono quasi commosso…e non mi succede spesso!” le sussurrava avvicinandola, con complicità, mentre si avviavano all'uscita. Fra la folla che si accalcava nel corridoio si persero però di vista e Claudio ebbe la sensazione che essa volesse sfuggirlo. La ritrovò nell'atrio, e gli sembrò invece che con la coda dell'occhio stesse cercandolo: le si avvicinò ancora, per salutarla. “Buonasera, signora! Alla prossima proiezione…” Lei non rispose, dopo un attimo d'incertezza gli porse la mano, in silenzio, e Claudio gliela strinse, sentendola morbida e piacevolmente calda. Contemporaneamente, ma solo dopo si rese conto del gesto, che era stato istintivo, le strinse l'avambraccio, con una stretta leggera, ripetuta due volte. Laura fu sorpresa da quell'improvviso atto confidenziale: cosa significava, se aveva un significato? Era segno di amicizia, di complicità intellettuale, oppure cosa? Comunque non ne fu offesa, e questo la meravigliò. Anche Claudio aveva cercato di dare un significato a quel gesto che, come un riflesso condizionato, era nato senza una sua precisa volontà. Forse un piccolo, simbolico e inconscio abbraccio, finì per considerarlo. Entrambi confusi, su quel gesto si lasciarono. Erano però destinati ad incontrarsi ancora, due volte ogni settimana, nelle poltrone 8 e 10 del cineclub, e questi loro involontari incontri li fecero, a poco a poco, diventare quasi amici: parlavano dei film proiettati, si scambiavano le impressioni, discutevano… Fuori, lontani dalle magie dello schermo, vivevano le loro vite, ignoti l'uno all'altra, ma nella complicità della sala quelle loro vite si incrociavano e li facevano sentire intellettualmente sempre più vicini. Fu così naturale per entrambi, un giorno, superare i confini della sala del cinema. “Accetta di bere qualcosa con me?” le chiese Claudio un pomeriggio in cui la proiezione era finita prima del solito e fuori splendeva un sole che li accecava, usciti dal buio della sala. E Laura accettò, lieta di quella proposta, quasi l'aspettasse da tempo. Non parlarono di cinema e di film, parlarono di tante altre cose arrivando, a poco a poco, lentamente, senza rendersene conto, ad una spontanea intimità: si raccontarono le loro vite, frugandosi a vicenda nelle profondità delle loro anime e scoprendosi cose che neppure loro conoscevano. “Ho sposato Michele quando non ero più giovanissima, a trent'anni, avevo appena finito l'università, con una laurea in farmacia che non avevo voluto ma subìto dalla famiglia, e di cui non sapevo cosa fare. Lui aveva diversi anni più di me, dieci, ma io vedevo in lui la fuga dalla mia famiglia, da quella vita piccolo-borghese in cui ero rinchiusa senza prospettive…” Era stata Laura la prima a confessarsi, e Claudio aveva intuito che era stato il bisogno di liberarsi a spingerla a raccontarsi così ad uno sconosciuto. Poi un improvviso senso di pudore l'aveva colta: “Non so perché le racconto tutto questo, a nessuno mai l'avevo confessato, neppure a me stessa, erano sensazioni che avevo dentro e che solo adesso sono uscite…” “Non si dolga di questo abbandono, se le fa bene, e sono certo che le fa bene!” Ma Laura si era bloccata, stupita di essere arrivata a tanto, e, come una chiocciola quando, toccata, ritrae rapidamente le antenne e si rifugia nella protezione della conchiglia, era arrossita e aveva piegato di lato il volto, quasi a nascondersi. Ma proprio come la chiocciola, passato il timore, azzarda prima timidamente poi con sempre maggiore sicurezza a far nuovamente capolino, così anche Laura vinse il rossore: la fiducia che le ispirava il sorriso sereno e rassicurante di Claudio e la curiosità di conoscere quel che di misteriosamente profondo che sembrava avvolgere la sua figura fecero cadere quel muro di riservatezza e timidezza con il quale sempre si difendeva. “Ma mi racconti di lei, invece, Claudio…” ( si accorse solo dopo, a metà discorso, di avere detto Claudio e non signor Claudio come aveva sino a quel momento fatto) “Mi racconti di lei, la mia vita, la mia persona, non sono così eccitanti da costituire motivo di conversazione...” “Anch'io, Laura…” (ecco, lui stesso, e non per seguire lei, ma istintivamente, aveva saltato “signora” e l'aveva chiamata solo Laura!) “anch'io non sono così interessante…” Poi, vedendo lo sguardo di attesa che essa aveva, prese a parlare di se'. Parlava in terza persona, come se raccontasse una storia qualsiasi, una favola… “C'era una volta un ragazzo…” Poco le narrò della sua gioventù, però; le parlò invece della sua vita degli ultimi anni, gli studi di filologia classica, l'insegnamento universitario, la volontaria vita solitaria degli ultimi tempi… Non le parlò invece delle sue vicende sentimentali, la separazione dalla moglie che tanto aveva amato e che tanti anni prima, annoiata della sua ansia di cultura, lo aveva lasciato per un giovane bellimbusto, tanto ignorante e incolto quanto bello e prestante, tacque sulle numerose avventure nelle quali si era poi gettato quasi per rivalsa, gli amori senili per alcune sue allieve, quelle che restavano affascinate dalla sua personalità. Le raccontò invece della sua attuale vita di scapolo “di ritorno”, la serenità ritrovata negli studi, nella lettura, nella musica e, adesso, nel cinema, ultima passione. “Anch'io” interrompendolo, si aprì nuovamente Laura alle confessioni “ho trovato nel cinema, il cinema d'arte naturalmente,” volle sottolineare “un nuovo interesse nella mia vita che andava un po' ingrigendo!” Fu lei, adesso, che riprendendo il discorso interrotto prima per pudore, cominciò a raccontare, a brandelli, affannata, saltando nel tempo, delle sue aspirazioni di ragazza di famiglia, dei suoi desideri, della sua voglia di personalità. Comprese allora, Claudio, l'ansia che affiorava dalle sue parole, che le creava inquietudine, quella sensazione di sentirsi inespressa che la faceva sentire un nulla nel mondo. Volle aiutarla a liberarsi di quell'affanno interiore che, quasi sempre da lei non compreso, emergeva dai suoi sentimenti quando, incontrollati, si liberavano e scoprivano il suo vero animo, almeno a chi, come lui adesso, sapeva leggerli: “Ricorda il film di Truffaut, Jules e Jim, quello che ci fece conoscere quel giorno al cineclub? Il mio mestiere vero, quello che ho sempre cercato di fare, è quello che consigliava a Jim il suo professore di liceo: il curioso! Non è ancora un mestiere, ma lo diventerà, diceva il vecchio professore: non è diventato un mestiere, ma è comunque uno stile di vita, e io l'ho adottato. Viaggiare, leggere, studiare le novità, conoscere la gente…Curioso di tutto, sempre in eterna ricerca… E anche lei, Laura, è curiosa, una curiosità che nasconde un'ansia di conoscere di più, di scoprire cose e sensazioni nuove! Così, proprio così, lei è veramente!” Laura fu turbata da quelle parole, era come se Claudio le avesse spogliato l'anima. Da quel giorno, però, la loro amicizia diventò sempre più forte, scoprendo via via un'affinità elettiva che li avvicinava sempre di più ad ogni incontro, portandoli spesso a comprendersi quasi con gli sguardi. E i loro incontri si fecero maggiormente intensi, carichi di complicità, una complicità che essi non avvertivano ma che si insinuava lentamente nei loro animi, trasformandosi da comunanza di interessi culturali in qualcosa di sempre più spirituale. Finché un giorno… “Le presento mio marito Michele.” All'uscita del cinema Laura si era avvicinata ad un uomo che sembrava attenderla, lo aveva abbracciato e baciato, trascinandolo verso Claudio, che era rimasto indietro, e presentandoglielo. “E questo è il mio amico Claudio, un cinèfilo come me…” I due uomini si salutarono, entrambi un po' sorpresi per quell'imprevisto, ma con cordialità. Si osservarono però a vicenda, esaminandosi attentamente. Claudio vide un uomo più giovane di lui, elegante, dallo sguardo immediatamente simpatico e notò come Laura gli sorridesse con tenerezza, mentre si stringeva al suo braccio. Pochi convenevoli, qualche battuta spiritosa da parte della donna, rivolta bonariamente ad entrambi, poi si lasciarono. Ma Claudio aveva sentito, e se ne era meravigliato assai non comprendendone il motivo, qualcosa che lo aveva disturbato e che gli rese la serata sottilmente nervosa. Due giorni dopo, alla proiezione, Laura gli dimostrò di aver intuito quel turbamento e di averne compreso i motivi: “Fra me e Michele c'è un grande affetto, forse non un grande amore, forse non una passione, ma certamente un forte affetto che i tanti anni di matrimonio non hanno scalfito. Io volevo un figlio, lui non lo voleva, ma nonostante questo ci siamo voluti sempre bene. ” Il tono della voce e lo sguardo sembravano chiedere scusa per avergli provocato quella punta di malessere che anche adesso vedeva trasparire dai suoi occhi. Gli parlò allora di Michele, del suo rapporto con lui: “Mi è molto affezionato, Michele, come del resto io lo sono a lui. Ma sento che la sua è un'abitudine, più che un vero affetto: mi considera una cosa acquisita, come una delle automobili della sua collezione, a cui tiene tanto…” Era un fanatico collezionista di una macchina d'epoca, la “mitica”, come diceva lui, Citroen DS … “…la suprema creazione di un'epoca, l'ha definita Roland Barthes, caduta dal cielo…” citava lei quasi con ironia. “Mi vuole molto bene, tutto il bene che vuole alle sue adorate macchine che coccola nel bellissimo garage che ha costruito per loro. E credo che per lui anch'io ho il mio bellissimo garage, la ricca casa che mi ha costruito e nelle quale mi tiene e mi coccola!” Ad un tratto, come se un improvviso pensiero le avesse attraversato la mente, Laura si interruppe e lo guardò con un'aria quasi di rimprovero: “Ieri, passando dalla piazza, l'ho vista, Claudio! L'ho vista ad un tavolino del caffè, insieme ad una donna, una ragazza giovane, una bella ragazza! Parlavate fitto fitto, la ragazza le ha poi dato un bacio sulla fronte…” si fermò ancora, quasi aspettando una spiegazione. Claudio comprese, gli parve di sentire come una punta di involontaria gelosia nella curiosità di lei e si affrettò a chiarire: “E' stata una delle mie più care allieve, mi ha dato grandi soddisfazioni…” “C'è stata una storia tra voi?” “Sempre, quando si ha a che fare con una donna, c'è una storia: amicizia, oppure amore, oppure desiderio, oppure semplice affinità intellettuale…Comunque in quel caso ci fu solo complicità intellettuale, le avevo dato io la tesi di laurea, una tesi sulla poesia erotica latina: Antologia Palatina, Carmina Priapea, Ovidio, il Satyricon… Gliela avevo data per scherzo, quasi una provocazione, intrigato dalla sensualità che la circondava in ogni momento e con la quale essa consapevolmente giocava: ne fece una cosa seria, una dei migliori saggi sull'argomento, che meritò la pubblicazione.” Sembrò contenta della risposta e altrettanto repentinamente come prima aveva cambiato discorso, adesso sembrò chiudere la parentesi, tornando ai discorsi precedenti: “Forse sono anch'io una Citroen DS, un essere ammirato ma senza anima! Per questo cerco un qualche interesse che mi dia l'anima! Intanto ho trovato questa passione per il cinema...” Mentre l'ascoltava, Claudio avvertiva una struggente rassegnazione nelle sue parole e questo gli faceva male. Scese il buio in sala, a troncare quel colloquio. Quando riapparve la luce, alla fine del film, fu Laura che invitò Claudio a prendere qualcosa al caffè in piazza. Scelse lei il tavolo dove sedersi, ed era quello stesso al quale l'aveva visto in compagnia della ragazza. La giornata era splendida, il sole stava calando e gli ultimi raggi occhieggiavano fra le fronde degli alberi, creando con queste, mosse dalla brezza serale, giochi di luci e ombre sulle cose e sulle persone; un guizzo di sole si posò anche sul rosso dei capelli di Laura, che fiammeggiarono. Claudio, seduto davanti a lei, ammirò l'aureola di fuoco che avvolse per un istante il capo della donna e per la prima volta la vide bella, non solo interessante come l'aveva fino ad allora giudicata, bella e provocante, con i verdi occhi che si illuminavano ridenti. Ebbe solo pochi istanti per guardarla come non l'aveva mai guardata, ma bastarono per fargli sentire una agitazione interna che non aveva mai provato di fronte a lei. E' bella, pensò, bella e anche desiderabile, altro che Citroen DS! Poi recuperò rapidamente l'abituale aplomb, convinto di non essersi scoperto.. Ma Laura si era accorta di quel suo stupore e d'istinto, senza rendersene conto, fu maliziosa. “Guardava così anche quella sua allieva, ieri? Vede? Siamo allo stesso tavolo, alla stessa ora!” “Ma lei non è una mia allieva. Lei è una gentile amica che mi concede il piacere della sua compagnia…” “Già, non è la stessa situazione!” con un gesto che a lui sembrò venato di una punta di rammarico, involontario rammarico. “Però” riprese lei con puntiglio “ anch'io posso dire di essere sua allieva! Ci siamo detti tante cose, nei nostri brevi incontri, e tanti nuovi interessi lei mi ha risvegliato…” Si guardarono in silenzio per qualche istante. “A proposito…” quasi gridò Laura all'improvviso “ Senta un po'!” E, a sorpresa, cominciò a cantare, con una voce squillante che ruppe il sommesso brusio che veniva dagli altri tavolini: “Quand on s'est connu, quand on s'est reconnu, pourquoi se perdre de vue, se reperdre de vue ? Quand on s'est retrouvé, quand on s'est réchauffé, pourquoi se separer?” “Jules et Jim! Le tourbillon! Jeanne Moreau!” gridò quasi anche Claudio. “Ha riconosciuto la canzone?” “Certo. Il film l'ho visto tre volte!” e recitò, non cantò perché era maledettamente stonato, il seguito: “…alors, tous deux, on est r'parti dans le tourbillon de la vie. On a continué à tourner tous les deux enlacés…Ma lei come ha fatto a ricordare?” “Ho comprato il disco, l'ho ascoltato chissà quante volte!” Le luccicavano gli occhi, parve commossa… Claudio si pentì di aver ricordato l'ultima strofa, aveva suscitato qualcosa in lei che forse era meglio non nascesse. “Le piacque anche il film, allora.” sviò il discorso. “Mi sconcertò, all'inizio non compresi la figura di Catherine, che anzi mi disturbava un po', per la sua assoluta libertà sentimentale, e per i suoi atteggiamenti, che giudicavo infantili…” “Ricordo una sua definizione, che mi colpì: anarchia amorosa…” “Ma adesso non la giudico più anarchia amorosa, adesso, ripensando al film, alla figura di Catherine, vedo invece una donna intelligente, così aperta ai sentimenti da superare ogni convenzione, con una naturalezza che la rende innocente, non spregiudicata come può sembrare. Del resto mi sembra che lo stesso Truffaut dicesse della storia: ci mostra, per tutta una vita, due amici e la loro compagna comune amarsi d'amore tenero e quasi senza urti, grazie ad una morale estetica e nuova, incessantemente riconsiderata…” Vedeva Claudio che la osservava con curiosità e stupore, sorridendo in un modo che le parve di approvazione, e allora riprese, rinfrancata: “Catherine cercava la felicità, ma mi è sembrata, adesso, una ricerca tormentata. Poi, penso io, cos'è la felicità? Anch'io adesso sento il bisogno di cercarla, ciò che ho non mi basta più…” “Laura, ricorda? La felicità, come diceva la voce narrante nel film, si racconta male a parole, ma si consuma, e nessuno se ne accorge…” “Ma io la cerco e se la trovo voglio accorgermene!” “Le auguro di trovarla, ma soprattutto di accorgersene, allora!” “Voglio trovarla, e per trovarla voglio conoscere, conoscere tutto, come diceva un giorno lei, Claudio! Conoscere cose, persone, donne e uomini! Ho conosciuto pochi uomini, io…” Lui, scherzoso ma non tanto : “Parafrasiamo allora le parole di Catherine : lei ha conosciuto pochi uomini, io ho conosciuto molte donne: si farà una media, così potremo formare una discreta coppia !” Vide che il volto di lei si rabbuiava a quella citazione rovesciata scherzosamente e, arrossendo come mai gli capitava, sussurrò: “Mi scusi, non volevo offenderla, era una battuta scherzosa…Ho il maledetto vizio delle battute!” “Non si scusi, non mi sono sentita offesa, avevo compreso lo scherzo! Del resto l'imbeccata gliel'ho fornita io, dicendo di aver conosciuto pochi uomini: volevo dire che ho conosciuto pochi veri uomini, uomini che mi facessero sentire di avere un'anima, quell'anima che sto cercando!” E lo guardava fisso negli occhi, con i suoi occhi verdi che sembrava diventassero caldi, quasi venati d'oro: Claudio a quella luce aveva socchiuso i suoi, di occhi, per imprigionare quella visione. Avvertirono entrambi che da quel momento la loro amicizia stava diventando sempre più profonda e ciascuno intimamente ne gioì. Poi, come se volessero portare subito via quella nuova sensazione per non perderla, sentirono di dover lasciarsi senza altre parole fra loro: si alzarono in silenzio e si salutarono, quasi fuggendo Da allora, però, presero a salutarsi più caldamente: lunghe strette di mano, con le mani che indugiavano l'una nell'altra a sentirne il calore…poi un giorno Laura, senza avvedersene, gli porse una guancia e Claudio fece l'atto di deporvi un bacio, appoggiando invece fugacemente la sua, di guance, mentre ripeteva il gesto che tanto l'aveva sconvolta la prima volta, stringendole con leggerezza l'avambraccio per due volte. Da allora fu quello il loro naturale modo di salutarsi, lasciandosi. Continuarono a vedersi anche al di fuori delle proiezioni, sempre più spesso, qualche volta Laura era insieme a Michele, così, piano piano, i due uomini divennero amici. Del resto Michele era simpatico e a Claudio faceva piacere parlare con lui, anche senza la presenza di Laura, che aveva visto nascere quella amicizia e ne era felice: le sembrava che i due uomini, dalle personalità così diverse e antitetiche, le fossero entrambi necessari. “Venga a cena da noi, domani.” Si era rivolta a Claudio all'improvviso, un pomeriggio, guardando Michele, che aveva annuito. Gli inviti a cena divennero poi sempre più frequenti, all'amicizia si sostituì lentamente quasi un'intimità, formale ma piena di calore. Michele, oltre la cura della sua industria di piccoli elettrodomestici, era spesso impegnato nei raduni e nei rallies delle auto d'epoca, nei quali aveva cercato di coinvolgere anche Claudio che, per condiscendenza, l'aveva seguito qualche volta… “Non si lasci coinvolgere, per favore!” lo aveva supplicato Laura, con lo sguardo che gli parve chiedesse solidarietà “Troppo spesso sono rimasta sola! Adesso almeno ho lei, lei che mi apre a sempre nuovi interessi, nuove conoscenze…Non voglio tornare nel vuoto di prima, adesso voglio conoscere!” E Claudio si era reso conto del semplice affetto abitudinario che le riservava il marito e capì che per lui, come essa aveva detto, Claudia era una delle sue Citroen DS, forse la più importante, da curare con affetto, da ammirare, ma senza anima. Eppure non era un bruto, Michele! Era intelligente, gentile, a suo modo acculturato, ma totalmente mancante di sensibilità, quella sensibilità che gli avrebbe permesso di scoprire in Laura la donna, la vera donna, che essa portava dentro. Si era soltanto reso conto che qualcosa in Laura era cambiato: “Sento che mi sfugge “ aveva confidato a Claudio “Non è più la Laura di prima, nei miei confronti. Se non la conoscessi come la conosco potrei arrivare a pensare che ha un amante!” “No, Michele, non ha capito che Laura si è scoperta essere pensante, ha scoperto interessi nuovi e vuole rivendicare la sua personalità? Le stia più vicino, ascolti le sue scoperte intellettuali e scoprirà quella Laura che forse lei fino ad ora non ha mai saputo vedere.” Michele fu sorpreso dalle parole dell'amico, ma anche preoccupato per quella cosa nuova, alla quale non era preparato e che veniva a sconvolgergli l'assetto della vita. Per un po' di tempo guardò la moglie con occhi diversi, sembrò dedicarle più attenzione, quella attenzione a cui lo aveva richiamato Claudio, poi fu ripreso dai suoi unici interessi, le auto d'epoca, i raduni, il rally delle classiche Citroen DS… E Laura, che di quella breve stagione aveva gioito, cadde nuovamente in uno stato quasi continuo di depressione, da cui la liberavano solo gli incontri e i colloqui con il suo “soffio di vita”, come aveva preso a chiamare Claudio. Con lui scherzava era allegra e vivace, la sua intelligenza e sensibilità si liberavano, la sua conversazione diventava brillante e fantasiosa: Claudio ne era affascinato e accoglieva con sempre maggior piacere gli inviti a cena , gli incontri al caffè, insomma tutte le occasioni, oltre quella ormai istituzionale delle proiezioni al cineclub, per stare con lei, vederla esplodere (era proprio questa la sensazione che negli ultimi tempi essa gli dava: sembrava esplodere alla vita, come se si liberasse di una oppressione). “Ho seguito i suoi consigli,” confidava Michele a Claudio quando erano tutti insieme e Laura prendeva vita “ho cercato di esserle più vicino. Vede come Laura è cambiata? E' persino civetta con lei!” Era vero: in quelle occasioni essa si muoveva maliziosamente fra i due uomini stuzzicando ora l'uno ora l'altro, soprattutto Claudio, che, imbarazzato, sorvegliava le reazioni di Michele, che invece sorrideva felice, ammiccando: “Anche la sua presenza la rende diversa, vede?” Intanto il ciclo di proiezioni al cineclub era terminato, del resto l'estate era arrivata e con l'estate la chiusura dell'anno sociale. “Festeggiamo la chiusura?” aveva detto Laura al termine dell'ultima proiezione, invitando Claudio al solito caffè in piazza, guidandolo per la mano. Si era seduta al solito tavolo, come sempre di fronte a lui, con le spalle al sole che andava nascondendosi fra gli alberi. Lo osservava in silenzio e sembrava che aspettasse qualcosa. “Non mi guarda come la prima volta che ci sedemmo qui?” Egli non rispondeva, forse cercava la magia del sole nei suoi capelli, come appunto quella volta… Lo provocò, allora: “Non le piace il mio nuovo abito, Claudio?” Subito non rispose, accecato dal sole che finalmente le aveva infiammato i capelli. “Schermo delle mie brame, chi è la più bella del cineclub?” insisté lei scherzando mentre avanzava il busto verso di lui, come in uno zoom. Solo in quel momento Claudio notò l'abito, anzi notò per prima la scollatura che lo zoom gli aveva evidenziato in primo piano, una scollatura profonda che lasciava intravedere molto. Vide poi l'abito, un leggero abito estivo di una stoffa quasi un velo, forse chiffon? animata da piccoli fiori colorati che richiamavano più la freschezza della primavera che i trionfi dell'estate. La gonna lunga e svolazzante, nel movimento che essa aveva fatto per avvicinarglisi, si era sollevata e lasciava scoperte le gambe, oltre la misura che solitamente essa lasciava visibile… Abito provocante, scollatura ammiccante, gambe scoperte, fiamme nei capelli: Claudio non sentiva più se stesso, perso e stordito. Farfugliò “Laura è certamente la più bella del reame… anche senza il vestito…”aggiunse d'un fiato, rendendosi improvvisamente conto che forse stava facendo una gaffe e cercando di richiamare le parole che ormai però erano già volate verso di lei. Per la prima volta in vita sua aveva perso il controllo della sua mente e gli parve di stare affondando in un gorgo di ridicolo. Ma Laura parve non cogliere la gaffe, rise gioiosamente e nel riso parve anzi compiaciuta. Per ricomporre l'atmosfera, Claudio portò la conversazione su toni più accademici, parlando del film che avevano visto e di altre cose serie e asettiche, mentre essa ancora sembrava ridere negli occhi. “Non sia così serio, oggi,” lo pregò a mani giunte, con una buffa espressione degli occhi e della bocca, atteggiata a bambina capricciosa “ho voglia di scherzare con lei!”. “Allora sarò il suo buffone di corte, con lazzi e piroette!” E sfoderò tutto il suo repertorio mondano, quello che con lei non aveva mai usato. Fu allegro, brillante, e Laura si divertì a quella nuova versione di Claudio, senza accorgersi neppure che il sole era definitivamente calato. “Accidenti, è tardi! Devo scappare di corsa! Se dovessi perdere la scarpetta, me la riporterà domani, no?” Era una Laura frizzante, quella che lo stava salutando adesso, leggera e volatile come la stoffa del suo nuovo abito, mentre gli tendeva la mano. “Arrivederci, Laura” Claudio si avvicinò per salutarla, le prese la mano e si chinò verso il suo viso per baciarla sulla guancia, come sempre. La sua bocca incontrò invece quella di Laura e vi si posò. Per la prima volta sentì le sue labbra, ne sentì il fresco, la dolcezza, e sentì un languore invadergli tutto il corpo, svuotarlo di ogni energia. Fu un attimo, i loro sguardi si cercarono meravigliati, come se volessero interrogarsi, poi arrossirono insieme. La cosa era accaduta così inaspettatamente che Claudio si chiese se era stata lei a provocarla volutamente o se si era solo trattato di un movimento involontario dei loro volti che avevano provocato il fugace incontro delle loro labbra; in ogni caso ne era restato sconvolto e Laura pure: aveva infatti negli occhi uno stupore trasognato che superò soltanto dopo alcuni attimi, cha parvero attimi sospesi. Non accadde più, presero di nuovo a salutarsi come prima, ma dalla luce che illuminava i loro sguardi al momento del saluto sembrava che ciascuno attendesse che quella magia si ripetesse ancora una volta, senza che però nessuno osasse prendesse l'iniziativa. Un pomeriggio Claudio, nel telefono che aveva squillato con insistenza, trovò la voce di Laura: “Sono un po'giù, oggi. Ho bisogno di un po' di conversazione. Venga a cena da noi. Sono senza cuoca, stasera, ma preparerò qualcosa io, si fida di me?” “Dipende riguardo a che cosa…” rispose con tono scherzoso. “Allora vedrà…” altrettanto scherzosamente, ma con una velatura di malinconia, almeno gli parve. Arrivò puntuale, si salutarono e Laura fu particolarmente affettuosa nel salutarlo, quasi abbracciandolo. “Michele non c'è,” lo prevenne notando lo sguardo che si stava allungando a cercarlo “mi ha lasciata sola: dovevamo andare a Roma, a quella mostra del Caravaggio, me lo aveva promesso, poi gli hanno telefonato gli amici per invitarlo ad un rally a Sanremo ed è partito.” Le sembrò di vederlo contrariato. “Se glielo avessi detto subito, certamente lei avrebbe inventato qualsiasi scusa per non accettare l'invito. Invece avevo bisogno di non essere sola, stasera.” “Così ha telefonato al pronto intervento…” “Non sia cattivo, lei è il mio migliore amico, l'unico che è in grado di capirmi ed aiutarmi anche nei miei momenti di sconforto. E adesso sono proprio in uno di quei momenti!” “E pensare che le avevo portato un disco festoso, il Can-Can di Offenbach, Orfeo all'inferno!” “Lo ascolteremo insieme, servirà a distendere il mio spirito. Ma adesso andiamo a tavola. E mi dica almeno che come cuoca sono brava!” Cenarono quasi in silenzio, lei con gli occhi bassi quasi a nascondere una sofferenza, lui con battute allegre a cercare di rompere quell'atmosfera: Laura rispondeva con sorrisi forzati che aumentavano il disagio di Claudio… Neppure il can-can di Offenbach, che ascoltarono vicini sul divano, riuscì a dissolvere quel senso di disagio, anzi, a Claudio sembrò che Laura stesse per scoppiare in lacrime da un momento all'altro. Tolse quindi il disco e tornò vicino a lei, incerto su cosa fare. “Mi sento vuota, vuota e inutile” disse Laura, tormentandosi le mani “ Credevo di essere diventata qualcuno, di non essere più solo qualcosa. Ho cercato di conoscere sempre di più, mi sono aperta a nuovi interessi… poi è bastato Michele con il suo no a farmi tornare la Citroen DS che credevo di non essere più!” Claudio si sentiva ora coinvolto nel tormento di Laura e reagì: “Laura, lei è una donna eccezionale: è bella, nonostante faccia di tutto per nasconderla, la sua bellezza! E'intelligente, ironica, spiritosa, piena di curiosità intellettuali, molto sensibile…” si fermò qualche istante, incerto se dirle un pensiero improvviso che teneva dentro “Lei deve essere amata con dolcezza e tenerezza, con devozione…Fortunato è colui che può dirla sua, ma deve meritarla!” Vide gli occhi di Laura inumidirsi di lacrime, si chiese se fosse gioia o rammarico, ma in ogni caso quegli occhi piangenti lo addolorarono. Senza avvedersene, con un gesto involontario, si sorprese a posare una leggera carezza su di una sua guancia, per fermare una lacrima che stava scendendo. “Non pianga, Laura, lei è una donna meravigliosa che non crede in se stessa…” Si interruppe, il volto di lei si era avvicinato al suo, gli occhi adesso le si erano aperti al sorriso e lo guardavano intensamente: i loro sguardi si incrociarono in silenzio per alcuni istanti che sembrarono infiniti. Essa aveva avvicinato ancora di più il volto a quello di lui, che sentiva il suo respiro farsi affannoso. Ora le labbra di Laura, fattesi da esangui vive, sembravano cercare la bocca di Claudio e chiamarla, avvicinandola. Egli rispose a quel richiamo e le loro labbra si unirono, dapprima timidamente, poi con passione. Da quel momento il tempo e lo spazio non ebbero più senso, per loro; persi l'uno nell'altro, si cercavano, si accarezzavano… Le loro mani percorrevano frementi i loro corpi per scoprirli, esplorarli, ma con leggerezza, posandosi come fossero ali di libellule. Claudio accarezzava con lievi baci il collo, la nuca, i lobi delle piccole orecchie di Laura, e la sentiva vibrare. Poi prese timidamente ad accarezzarle il seno sopra la camicetta, sentendo, pur sotto la protezione del reggiseno, il rilievo dei capezzoli che si faceva, da morbido quale era, turgido e duro, come se esplodesse d'improvviso. Anche le mani di Laura accarezzavano il torace di Claudio e cercavano di saggiarne l'ampiezza e la forza dei muscoli: le dita, penetrate sotto la camicia, correvano come anguille sulla sua pelle, intrecciandosi alla morbida peluria che la copriva. Ad un tratto un piccolo gemito le sfuggì, quando le labbra di lui si inserirono nella scollatura della camicetta e la lingua si insinuò nel solco fra i due seni. Laura sentì un improvviso desiderio di esporsi a lui, alla sua vista: slacciò i bottoni della camicetta e la sfilò, poi, rovesciando le braccia sul dorso, sganciò e sfilò il reggiseno, restando immobile in quella posa che la mostrava con il torace scoperto, quasi in attesa, quasi offerto. Claudio la osservava in silenzio, un silenzio che la fece temere. “Oh dio! I miei seni pesanti non sono più quelli di quando avevo vent'anni!” pensò con terrore, credendo di leggere in quel silenzio di lui una certa delusione. Egli invece ammirava quei seni ancora sodi, anche se leggermente appesantiti, coronati dai grossi capezzoli scuri, prepotenti, contornati da larghe areole anch'esse scure, che facevano loro magnifica corona. I suoi occhi chiedevano il permesso di accarezzarli, quei capezzoli, e gli occhi di lei quel permesso lo accordarono. Le mani di Claudio, timidamente, quasi temessero di violare il pudore di Laura, si posarono su entrambi i seni e, facendosi coppe, li raccolsero nelle loro cavità, con delicatezza. Il calore delle mani procurò a Laura, subito, una piacevole sensazione di sicurezza, si sentiva protetta… Quando egli con lievi movimenti circolari iniziò ad accarezzarli, un' improvvisa ondata di piacere li avvolse ed essa li sentì indurirsi, sentì i capezzoli farsi punte sotto le dita che li sfioravano senza tormentarli e tutto la sua persona fu colta da fremiti, fremiti di eccitazione che le salivano dal profondo dell'anima scuotendole il corpo fin nei più profondi recessi. Rispose a quelle sensazioni abbandonandosi ancora di più, accompagnando con piccoli sussulti le nuove carezze che la lingua di Claudio, sfiorando prima l'areola poi la punta dei capezzoli, andava diffondendo con veloci e leggeri guizzi da un seno all'altro. Per entrambi erano sensazioni diverse da quelle solitamente provate nei momenti di amore, anche in quelli più intensi: Laura si sentiva pervasa da un sentimento di dolcezza che superava il piacere e anche Claudio (e si rese conto che proprio questo voleva) non provava quel piacere solo materiale che le altre volte gli davano quegli atti: avvertiva ora qualcosa di nuovo, indefinibile, ma dolce. Laura aveva preso fra le mani la testa di Claudio e la stringeva sul petto, guidando adesso il suo percorso sui suoi seni che vibravano e sussultavano ad ogni passaggio. Poi Claudio si liberò di quella prigionia e scese a scoprire il corpo di lei oltre i rilievi del petto: la afferrò stretta ai fianchi e la sua bocca, ormai infuocata, sfiorò il ventre di Laura finché incontrò l'incavo dell'ombelico (era proprio come un tortellino bolognese, pensò, affondando la lingua in quel delizioso ricettacolo caldo). Laura ondeggiava i fianchi per assecondare e guidare le labbra di lui, che la percorrevano tutta, lentamente, con soffici baci, facendole correre lunghi brividi per la schiena, che si inseguivano come guizzanti serpentelli. Si inarcava tutta, offrendosi alle carezze delle sue mani che adesso, lasciata la stretta sui fianchi, correvano sul ventre, fermandosi infine alla cintura della gonna, barriera contro la quale si soffermarono, incerte se forzarla per proseguire. Il fremito che scosse il corpo di Laura al movimento delle dita che tentavano di infilarsi sotto la cintura incoraggiò Claudio: l'intera mano sgusciò sotto la gonna, giungendo fino all'elastico delle mutandine e intrufolandosi nei primi morbidi ricci del pube che incontrò. Laura sentiva i suoi sensi annullarsi sempre di più, incapaci di qualsiasi volontà di resistenza, anzi quasi aspettando con impazienza l'incontro con il corpo di lui; solo un pensiero, uno stupido pensiero, la sua mente riuscì a esprimere “Santo cielo, sono semplici mutandine bianche di cotone, tutt'altro che sexi!” mentre, al massimo dell'eccitazione, si sfilava gonna e slip e sorrideva a Claudio con un sorriso pieno di gioia, con gli occhi lucidi di febbre di desiderio: “Adesso prendimi, ti prego, prendimi subito!” Claudio si sollevò per osservarla tutta, era il corpo che aveva sempre immaginato e desiderato: leggermente abbronzato dal sole, soltanto un po' più bianco nelle parti coperte dai due pezzi dei costumi, spalle ben modellate, i bei seni sodi che aveva già conosciuto e saggiato, leggermente pesanti ma sempre rigogliosi, la vita ancora snella che si apriva sui fianchi opulenti da cui sorgevano le cosce, forse venate da leggere smagliature di cellulite, ma ancora forti e perfette nella loro armonia. Una macchia di rossa peluria, lo stesso rosso dei capelli, copriva il triangolo all'interno delle cosce e faceva appena intravedere a Claudio quello che adesso era l'oggetto del suo desiderio. “Vieni, ti prego, prendimi!” ancora insisteva la voce di Laura, mentre lo attirava a se' invitandolo a spogliarsi e prendendo l'iniziativa per lui: gli aveva tolto la camicia e arrossendo si era fermata ai primi bottoni dei pantaloni... Egli si liberò rapidamente dei leggeri indumenti estivi che gli restavano e, sorprendendosi per la improvvisa vergogna che lo stava assalendo nel mostrarsi nudo davanti a lei, cercò di nascondersi al suo sguardo inginocchiandosi accanto a lei distesa. Sentiva il profumo della sua pelle, il solito profumo che ormai le sue narici erano abituate a riconoscere fra mille, aveva davanti agli occhi quella pelle così rosata nel punto solitamente non esposto ai raggi del sole e ne intuiva la morbida e soffice consistenza. Si chinò, allora, e sfiorò con un bacio quel punto, facendola sussultare e gemere “Vieni!” Le braccia di Laura si tesero ancora verso di lui e lo attirarono sopra di se'. Con delicatezza, come se non volesse farle sentire il suo peso, Claudio si distese su di lei. Laura sentì la carne di Claudio dentro di se' e fu avvolta da un indicibile senso di dolcezza, che la stordì e le fece quasi perdere i sensi. Liberata di ogni energia, galleggiava in un vuoto senza spazio e senza tempo e i movimenti ritmici del corpo di lui che si muoveva dentro di lei, affondando e ritraendosi con dolcezza, erano le onde di quel vuoto in cui galleggiava. Mai sensazioni del genere aveva provato facendo l'amore: non con Michele, con lui il sesso era quotidianità piena di affetto, e neppure con quel ragazzo, l'unico altro uomo che non fosse suo marito, con il quale un giorno si era lasciata andare confusa dalla sua intraprendente sensualità, un'unica volta. Ma allora fu solo sesso, sesso sfrenato che le lasciò però un senso di scontentezza e il rammarico di essersi così scioccamente svenduta, facendola giurare a se stessa che mai più sarebbe accaduto. Adesso invece si era persa in questo incantamento nuovo, che l'aveva condotta a sensazioni che non aveva mai immaginato e che la facevano sentire in una dimensione diversa, liberata dalla fisicità del proprio corpo e proiettata in un mondo immateriale, in cui piacere e dolcezza si mescolavano. “Oh, Claudio! Claudio! Ora siamo un'unica anima ed un unico corpo, io sono te e tu sei me!” gridò abbandonandosi ancora di più a lui quando avvertì il suo caldo flusso disperdersi in lei. Claudio non rispose, solo la baciò sulle labbra, labbra su cui il piacere aveva posato come un velo di rugiada calda, e rimase disteso su di lei, insinuandole poi il viso fra il collo e la spalla e così restando. Laura stupì di non sentire il peso di quel corpo sopra di se'. “Non sento il tuo peso,” gli disse gioiosa “è vero, siamo un unico corpo!” Lo serrava forte, circondandolo con le baraccia e con le gambe, che aveva riunite sulla sua schiena: “Sei mio, adesso che ti ho trovato non ti lascerò più! Sempre così, ti vorrò.” Claudio si sciolse da quella stretta, dolcemente, ma con determinazione, allontanandosi da lei; le baciò le palpebre che essa aveva socchiuso nell'abbandono e le accarezzò il volto sereno e disteso, che sembrava esprimere il suo completo appagamento, dello spirito più che del corpo. “Adesso cosa faremo? Quando ci incontreremo ancora?” chiese lei risvegliandosi alla realtà. “Dolce Laura, non ci incontreremo più, almeno così!” La voce di Claudio, in quelle parole, sembrava quasi un sussurro, come se la volontà esitasse a pronunciarle ed essa credette infatti di non averle neppure sentite, quelle parole, tanto erano dolorose… “Cosa vuoi dire?” si era sollevata di scatto, sorpresa e spaventata “Io ho bisogno di te e anche tu hai bisogno di me, lo so: io ho bisogno di te, delle tue parole, dei tuoi pensieri e adesso anche del tuo corpo, e tu hai bisogno di me, l'ho compreso dalle tue parole di prima, quando mi hai svelato la mia vera personalità, quella che neppure io conoscevo…” Lo aveva afferrato di nuovo, quasi con violenza, stringendoselo addosso e accarezzandolo per risvegliarne i sensi, incredula, come se volesse verificare “Io ho bisogno di te,” ripeté ancora, con disperazione “ho bisogno di te perché solo per te sono diventata persona e con te ho scoperto un modo più completo di fare l'amore. E tu hai bisogno di me perché con me ti senti ancora giovane, hai detto anche questo, una volta…” “ E' vero, con te sono giovane, giovane come non ero più da tanto tempo. Ma so che è un'illusione, una dolce illusione che non potrà durare !” “Non è un'illusione, è una realtà! E allora viviamola, questa realtà!” Claudio ancora una volta si sciolse dal suo abbraccio e le sussurrò, guardandola negli occhi che si stavano facendo tristi: “Sei ancora giovane e bella, non sprecare i tuoi meravigliosi cinquanta anni con me, io sono ormai vecchio anche se tu non me lo fai sentire, un giorno non potrei darti più ciò che ti ho dato oggi e tu me lo rimprovereresti…” Piangeva, Laura, prima sommessamente poi con grosse silenziose lacrime che sorgevano dai verdi occhi diventati, pieni di lacrime, mare… Claudio sentì un dolore forte dentro, ma resisté, e la baciò sulla fronte: “Restiamo vicini spiritualmente, tu con la tua freschezza di donna ancora giovane, io con la mia saggezza di vecchio, se è saggezza, e amiamoci così: ogni volta che ci incontreremo, e la nostra vita non sarà cambiata, ci saluteremo da amici, come prima, io ti bacerò su una guancia e ti stringerò il braccio. In quella stretta tu sentirai nuovamente me, come mi hai sentito oggi, e nuovamente così ci ameremo, come oggi, tutte le volte. Ma tu sarai libera della tua vita e io ne sarò contento, perché in qualche modo ti avrò liberata, farfalla meravigliosa, non più crisalide.” Laura non piangeva più, le lacrime si erano tutte asciugate lasciando striature sul trucco delle sue guance, piccoli solchi che essa ricompose con il dorso della mano, mentre il sorriso tornava lentamente ad illuminarle gli occhi. Allo stesso modo ricompose i solchi nel suo animo e la dolcezza tornò a regnare nel suo cuore, la stessa dolcezza di prima, quando Claudio l'aveva amata. Una dolcezza che da quel momento la avvolse ogni volta che, incontrandosi e salutandosi, egli la baciava su di una guancia e le stringeva il braccio, ricordandole, con quella stretta, il loro modo di amarsi. Poi, nel lasciarsi, a Laura saliva nelle orecchie (o era nel cuore?) la voce di Jeanne Moreau …Alors, tous deux, on est r'parti dans le tourbillon d'la vie. On a continué à tourner tous les deux enlacés…
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